Progettazione e Realizzazione di Orologi Solari
Esempi
Orologio a Castel Trosino
Ascoli Piceno
A pochi chilometri a sud-ovest di Ascoli Piceno, risalendo il corso del torrente Castellano, s’incontra un borgo medievale, Castel Trosino, arroccato su uno sperone di roccia a picco sulla gola sottostante.
Il nucleo del borgo è tutto raccolto entro la sua stretta cinta muraria ed intorno alla chiesa, che col suo campanile si vede svettare da lontano, arrivando dalla città, con innegabile e suggestivo effetto scenografico.
Proseguendo lungo la stessa strada, ad un chilometro in linea d’aria dal borgo ed attraverso una stradina secondaria che da un bivio si inoltra nella scoscesa campagna circostante, si trova la casa che ospita l’orologio solare che stiamo per descrivere (fig. 1).
Nell’estate del 2004 il proprietario, appena finito di ristrutturare (tutta da sé!) la casa, piccola e dalle linee molto semplici, ci ha chiesto di proporgli un modello di orologio solare che si adattasse al contesto con discrezione, ma al tempo stesso con una presenza che caratterizzasse la casa stessa e lo spazio antistante del piccolo giardino, valorizzando l’una e l’altro.
Abbiamo così impostato uno schema di orologio molto elementare nelle sue funzioni, che segnasse cioè solo le ore vere locali (da correggere in ore civili con l’equazione del tempo localizzata, tracciata a parte), scandite da numeri romani tracciati lungo un cartiglio, con lo sfondo decorato con un paesaggio naïf di prati e colline, e con l’immagine del Sole (quello che usiamo nel nostro logo) al centro, dove convergono le linee orarie; il tutto racchiuso da una semplice cornice, col tratto centrale superiore ad arco, a mo’ di serliana.
Piaciuto il bozzetto al cliente, abbiamo quindi discusso insieme alcuni aspetti pratici, soprattutto riguardo al posizionamento dell’orologio sulla facciata della casa, e di conseguenza alle sue misure ideali (tra i 170 ed i 180 cm, affinché vi s’inserisse nel modo migliore, senza risultare né troppo ingombrante, né troppo ridotto o poco leggibile dal basso), ed alla tecnica da adottare per realizzare il quadrante.
Riguardo alla collocazione, appariva scontato che questa fosse al centro delle finestre del primo piano (anche se così facendo l’orologio non si sarebbe trovato in asse con la facciata ed il colmo del tetto, ma scostato verso est), mentre riguardo alle misure, scaturendo queste in parte dalla collocazione stessa, come accennato sopra, sarebbero state di 180 cm × 167 cm; la tecnica, infine, sarebbe stata la classica pittura su intonaco, e lo gnomone, polare, sarebbe stato un’asta d’ottone piena a sezione esagonale (da 12-14 mm) di 70 cm di lunghezza.
A proposito dell’intonaco, essendo la superficie esterna della casa tutta in pietra (tipico travertino ascolano), si sarebbe reso necessario innanzitutto intonacarne una porzione, sulla quale poi dipingere il quadrante. Prima di procedere, però, ci siamo trovati subito di fronte ad un piccolo dilemma: realizzare prima il pannello d’intonaco e poi fissare l’asta dello gnomone, oppure fissare prima lo gnomone al muro e poi stendergli intorno l’intonaco?
Entrambe le alternative presentavano pro e contro, ma abbiamo valutato che convenisse scegliere la seconda soluzione. I motivi che ci hanno convinto ad agire così sono quelli ben noti che ricorrono sempre in questi casi: aver già fissato al muro lo gnomone consente di stendere e rifinire l’intonaco intorno all’asta in modo uniforme, senza ritocchi e stuccature posticce; inoltre, in questo modo, è più facile e si controlla meglio il posizionamento reciproco tra lo gnomone stesso e tutto il quadrante, come spiegheremo meglio più avanti.
Avendo perciò deciso innanzitutto di fissare al muro lo gnomone (la cui base, “centro” dell’orologio, si sarebbe dovuta trovare sull’asse mediano verticale del quadrante), abbiamo dovuto predisporci per il suo corretto posizionamento.
Quest’operazione, nominalmente unica, si articola in realtà attraverso diverse fasi e richiede altrettante considerazioni.
Innanzitutto abbiamo effettuato, come sempre, il rilievo delle coordinate geografiche del posto (da un’ortofotocarta al 10'000), preliminare non solo al posizionamento dello gnomone, ma, ovviamente, al calcolo dell’intero orologio.
A quel punto, per posizionare correttamente lo gnomone, cioè con l’asta parallela all’asse polare terrestre, avremmo dovuto conoscere l’orientamento del piano dell’orologio, cioè la sua inclinazione e la sua declinazione: niente di così difficile, salvo per il fatto che ci trovavamo alle prese con un “piano” ancora inesistente (il pannello d’intonaco), e con il suo supporto (il muro in pietra) niente affatto piano…
Dovendoci allora appoggiare comunque al muro, la difficoltà nel compiere con precisione una simile operazione, derivava dalle condizioni di questo, formato da pietre tutt’altro che lisce e regolari, ma, anzi, con numerose asperità, sporgenze e rientranze, che ci ha obbligato ad approssimarne la superficie con quella di un piano ideale, “medio”, da usare per un primo rilievo dell’inclinazione e della declinazione.
E così abbiamo fatto: con l’aiuto di una tavola di legno appoggiata al muro, e ripetendo l’operazione due o tre volte in altrettante zone dell’area che avrebbe ospitato il pannello intonacato del quadrante, abbiamo acquisito (dalle medie aritmetiche degli angoli rilevati con lo strumento) i valori di inclinazione e declinazione del piano medio. In possesso, finalmente, dei dati fondamentali per il calcolo (latitudine, inclinazione, declinazione), abbiamo potuto calcolare gli angoli (angolo sustilare ed elevazione dello stilo) per posizionare lo gnomone polare sul piano medio.
Arrivati così al momento di installare lo gnomone nel muro, e ricordando che la sua base, cioè il punto d’inserimento nel pannello, si sarebbe dovuta trovare al centro della distanza orizzontale tra le finestre, avremmo commesso un’ingenuità ed un errore se avessimo praticato il foro (per quanto inclinato polarmente) nella pietra a metà distanza tra le finestre…
Essendo infatti la parete sensibilmente declinante (una ventina di gradi: non tantissimo, ma da considerare…), il piano verticale (meridiano) dello gnomone non sarebbe stato perpendicolare a quello del quadrante, perciò rispetto al punto che avessimo scelto nel muro, sulle pietre, per praticare il foro, lo gnomone sarebbe “emerso” dalla superficie intonacata del quadrante, una volta che questa fosse stata ultimata, scostato lateralmente (e più in basso)…
In particolare, nel nostro caso, declinando il piano ad est, avremmo avuto lo gnomone che sarebbe uscito dall’intonaco più a sinistra del punto di fissaggio nel muro (guardandolo noi frontalmente); e l’entità di questo scostamento sarebbe dipesa, oltre che dall’angolo di declinazione, naturalmente anche dallo spessore dello strato d’intonaco steso sul muro.
E qui sta un altro punto da tenere in considerazione: quanto avremmo dovuto fare spesso l’intonaco? Be’, evidentemente quanto fosse bastato ad “affogare” (per almeno un centimetro) la pietra più sporgente di tutte, tra quelle all’interno del pannello: ad una rapida ma accurata valutazione, abbiamo stimato che lo spessore, in definitiva, sarebbe andato da un minimo di 1 cm, appunto (sulla pietra più sporgente), ad un massimo di 5 o 6 cm (nei punti più profondi: i giunti tra le pietre).
Così, con un’idea tutto sommato abbastanza precisa sulla posizione di una superficie ancora inesistente ed immaginaria (quella della faccia esterna del pannello), avremmo dovuto effettuare una costruzione al contrario: “vedere” quella superficie, infatti, ci sarebbe servito per “tracciarci” sopra la retta verticale (come sarebbe stata verticale la superficie finale, pur non essendolo alla perfezione il piano medio rilevato del muro), asse di simmetria del nostro quadrante; l’asse (e tutto il quadrante) si sarebbe dovuto trovare nella posizione che sin dall’inizio avevamo scelto, esattamente tra le due finestre, e ad una certa altezza lungo esso si sarebbe trovata la base dello gnomone.
Perciò, in riferimento (in proiezione ortogonale) a questo punto, ancora immaginario, abbiamo potuto individuare il punto d’ingresso dello gnomone nel muro (circa un centimetro e mezzo più a destra, e circa tre più in alto), per ottenere che, una volta applicato lo spessore del pannello d’intonaco, la base dello gnomone si venisse a trovare nella posizione voluta sulla superficie del quadrante, cioè equidistante dalle due finestre.
Finalmente, perciò, abbiamo proceduto col forare il muro (garantendoci naturalmente un po’ di gioco) nel punto esatto e con le corrette angolazioni, quindi abbiamo collocato in sede lo gnomone, cementandolo alla pietra con l’apposito mastice (fig. 2), e ne abbiamo regolato la posizione con il cavalletto in legno che usiamo sempre in questa fase, e che fa anche da supporto finché il mastice faccia presa (fig. 3).
Una volta posizionato lo gnomone, abbiamo potuto finalmente impostare la realizzazione del pannello d’intonaco.
Per far ciò non abbiamo dovuto far altro che preparare una cornice in legno (della quale si è occupato in prima persona il cliente stesso), che trattenesse l’intonaco da stendere al suo interno (fig. 4): la realizzazione del pannello vero e proprio, poi (del quale ci siamo preoccupati di assicurarci la verticalità), ha richiesto solo poche ore per la stesura (previa rimozione del cavalletto che era servito a stabilizzare lo gnomone) ed un paio di giorni per l’asciugatura.
A quel punto, rimossa la cornice, abbiamo finalmente avuto davanti a noi il quadrante dell’orologio su cui lavorare (fig. 5).
Prima di procedere col disegno del quadrante, però, abbiamo dovuto compiere un’importante verifica.
Come spiegato all’inizio, infatti, le misure angolari acquisite sul muro costituivano un primo rilievo dell’orientamento del piano, inevitabile approssimazione, considerando che il piano reale ancora non esisteva.
Ora, invece, col piano effettivo realizzato e concretamente presente davanti a noi, liscio ed uniforme, potevamo ripetere l’operazione di rilievo in maniera molto più precisa ed ottenere valori molto più attendibili e soprattutto definitivi.
E così abbiamo fatto: acquisite perciò, con un secondo rilievo, le vere inclinazione e declinazione del piano del quadrante (i=0° per costruzione, d=20.5° E), e ricalcolati gli angoli corretti di posizionamento dello gnomone, abbiamo potuto verificare che lo scarto con quelli precedenti era solo di alcuni decimi di grado, che si traduceva in uno scostamento di un solo centimetro circa dell’estremità dell’asta nello spazio.
Per correggere il seppur piccolo errore abbiamo semplicemente piegato l’asta d’ottone (operazione non difficile visto il calibro ridotto della stessa), lunga circa 70 cm, aiutandoci con un tubo d’acciaio (in cui l’abbiamo infilata) ed uno spessore di legno (appoggiato a ridosso della base e su cui fare leva col tubo, per non frantumare l’intonaco) per mantenere la linearità dello gnomone e tenere il più possibile vicino alla base l’inevitabile, impercettibile gomito che si sarebbe venuto a creare: in questo modo, naturalmente, la base geometrica dello stilo, sull’asse dello stesso, cioè sul prolungamento della sua parte rettilinea (quindi il centro dell’orologio, punto di convergenza delle linee orarie), si sarebbe spostato sul quadrante di qualche millimetro, e di ciò abbiamo tenuto conto nelle successive operazioni.
Finalmente eravamo così arrivati alla fase in cui, con dati certi e definitivi in mano, avremmo potuto ricalcolare lo schema orario dell’orologio (in sostanza correggere di qualche grado le direzioni delle linee orarie sul quadrante), ritoccare di conseguenza il disegno dello stesso, stamparlo su carta a grandezza naturale, e procedere allo spolvero sull’intonaco ed alla successiva dipintura.
Detto, fatto. Nel giro di un paio di giorni avevamo stampato il disegno esecutivo in scala 1:1 in bianco e nero ed il bozzetto a colori, e ci eravamo messi immediatamente al lavoro.
Tecnicamente la realizzazione del quadrante non ha presentato alcuna difficoltà, essendo un processo ormai rodato e svolto magistralmente dal nostro pittore, ed il lavoro si è concluso in meno di una settimana (fig. 6).
A corredo dell’orologio vero e proprio, come accennato sopra, abbiamo aggiunto, a piano terra, vicino ad una delle due porte, un pannellino, anch’esso d’intonaco dipinto, con l’equazione del tempo (fig. 7).
Alcune spiegazioni, infine, sui due o tre aspetti più rilevanti del funzionamento dell’orologio.
Dal punto di vista tecnico l’orologio è un quadrante piano, verticale, declinante, a stilo polare, ad ore moderne (o francesi), vere e locali.
La scelta dello stilo polare (anziché ortogonale al quadro), cioè dello stilo parallelo all’asse polare terrestre, è quella che rende più gradevole e naturale la lettura dell’ora, con l’ombra dello stilo che si muove tra le linee orarie, convergendo insieme a queste nel punto comune, alla base dello gnomone, ed è quella che appare più ovvia nell’uso con le ore moderne, proprio in virtù della loro struttura.
Inoltre, sebbene la lunghezza dell’asta non sia rilevante (quando si costruisce un orologio che funzioni solo come tale e non anche come calendario, mancando cioè le linee diurne, zodiacali o mensili), è stato importante prevederne una lunghezza minima tale che, col disegno di questo quadrante in particolare, a dicembre-gennaio (in un orologio verticale nell’emisfero boreale, come il nostro), quando l’ombra dello gnomone intorno a mezzogiorno è più corta, questa raggiunga comunque, con la sua estremità, le linee orarie dipinte sul quadro, e non muoia invece sul disco del Sole o sui suoi raggi, rendendo difficile la lettura.
Infine, la scelta di lasciar segnare all’orologio le ore vere e quelle locali, deriva dalla richiesta iniziale del committente, che desiderava un segnatempo il più semplice e naturale possibile: da qui l’impostazione classica dei due parametri orari.
SCHEDA TECNICA | ||
Luogo | Latitudine: 42°49'03.6" N Longitudine: 13°32'30.6" E |
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Quadro | Inclinazione: 0° (verticale) Declinazione: 20.5° E (sud-orientale) Misure pannello: 180 cm × 167 cm |
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Gnomone | Tipologia: stilo polare Lunghezza: 703 mm Diametro: 12-14 mm |
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Funzioni |
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Anno | 2004-2023 |
Così l’orologio, con l’ombra del suo stilo, segna sempre l’ora vera, cioè quella genuina scandita dal Sole col suo ritmo naturale (che a volte anticipa ed a volte ritarda sull’ora civile che usiamo noi nella vita quotidiana), e segna sempre l’ora locale, quella del proprio “fuso”, del proprio meridiano, come dire: “Quando il Sole transita qui, qui è mezzogiorno!”.
Naturalmente, per completare la funzione di orologio (tra l’altro, cronometricamente perfetto, con un margine d’errore inferiore al minuto), abbiamo aggiunto a parte (nel pannellino inferiore) l’equazione del tempo localizzata e due righe di spiegazioni sul suo semplicissimo utilizzo (fig. 7).
Al termine dei lavori, quindi, sia noi sia il committente siamo rimasti soddisfatti del risultato: ora la casa ed il suo piccolo giardino godono della presenza di un’opera discreta e silenziosa, che segue docile lo scorrere del tempo, insieme al torrente sottostante e alla campagna tutt’intorno (fig. 8).
~ Epilogo ~
In seguito al terremoto del 2016 che ha lesionato gravemente la casa, nel 2023 si è resa necessaria la demolizione della stessa e così, dopo 19 anni di vita, anche il nostro orologio, incolpevole, è andato irrimediabilmente perduto.
Amen.
P·O·S·T N·U·B·I·L·A P·H·O·E·B·U·S