Progettazione e Realizzazione di Orologi Solari
Esempi
La meridiana di San Nicolò
Monteprandone (AP)
Appena terminati i lavori all’orologio del vicino palazzo Campanelli, il nostro studio ebbe un incontro (ottobre 2000) con il parroco di San Nicolò, la principale chiesa di Monteprandone, edificata nel punto più alto del paese nella seconda metà del XIX sec.
L’idea che avevamo in mente da tempo era quella di ripristinare la vecchia meridiana della chiesa (fig. 2), svanita da tempo ed ormai irrecuperabile.
L’occasione per proporre la nostra iniziativa ci fu data dai lavori di restauro della chiesa che avevano preso il via proprio alla fine dell’estate, e che prevedevano il rifacimento del tetto ed interventi superficiali alle facciate.
Così, proposto l’intervento al parroco e al direttore dei lavori di restauro, e constatato l’interesse di entrambi, ci mettemmo subito al lavoro per mettere a punto un progetto preliminare da sottoporre alla Soprintendenza: una volta ricevuta la necessaria autorizzazione anche da questa, potemmo così procedere.
Lo stile su cui avevamo deciso d’impostare il disegno dell’orologio era ovviamente uno stile consono al contesto: un quadrante sobrio ed elegante nella sua semplicità, dalle linee e dai colori delicati, che si inserisse con discrezione sulla parete della chiesa, di adeguate dimensioni, proporzionato alla mole dell’edificio, e collocato alla giusta altezza (fig. 1).
I criteri che ci avevano suggerito quelle scelte erano scaturiti dalle seguenti considerazioni:
Con queste direttive che ci eravamo dati, siamo passati alla definizione dell’interno del quadrante, al progetto dell’orologio vero e proprio, non prima di aver effettuato il necessario rilievo per acquisire i necessari dati d’inclinazione e declinazione della superficie d’intervento.
Come sistema orario da adottare abbiamo scelto quello moderno, o francese: a dire il vero non è stata una scelta difficile, in quanto orologi ad ore italiche o babiloniche sarebbero stati poco utili e graditi, e così un orologio ad ore moderne appariva la soluzione ovvia, vista la sua comprensibilità e quindi la funzione pratica.
Come sistema di numerazione delle linee orarie abbiamo scelto quello a numeri romani, che ci sembrava più idoneo (con una M, rossa, al posto del XII per contrassegnare la linea meridiana).
Abbiamo scelto inoltre di dotare l’orologio anche della funzione di calendario accompagnando al disegno delle linee orarie quello delle linee diurne, sebbene limitato alle due solstiziali ed all’equinoziale, per non intricare lo schema.
Abbiamo inserito per questo, accanto alle linee di declinazione, i relativi simboli che aiutino a riconoscere le stagioni (fig. 3).
Riguardo all’ora da far segnare all’orologio abbiamo optato, come nostro solito, per l’ora vera locale: le linee orarie e l’ombra dello gnomone che le percorre, cioè, si riferiscono alla vera ora segnata dal Sole (non a quella media convenzionale segnata dai nostri orologi meccanici), ed al fuso orario di Monteprandone (non a quello nazionale Etneo). Questo tipo di orario però, in funzione dei due sistemi seguiti, può arrivare ad accumulare scarti fino a circa 20 minuti rispetto all’ora “ufficiale”.
Per questo abbiamo inserito all’interno del quadrante il grafico (l’equazione del tempo) che consenta di apportare la giusta correzione all’ora vera locale per ottenere con precisione l’ora “civile”, l’ora media del fuso di riferimento (fig. 4): la correzione, molto semplice da applicare, consiste nel sommare o sottrarre all’ora indicata dall’ombra una manciata di minuti, in funzione del periodo corrente dell’anno.
Il vantaggio del sistema da noi usato, cioè quello di fondere in una sola le due correzioni distinte che normalmente si considerano (quella per il fuso e quella per l’ora media), è evidente: così è sufficiente una sola operazione anziché due.
Più in generale il vantaggio dell’intero approccio è però un altro, a nostro avviso: aver lasciato che l’orologio svolga intrinsecamente il suo “lavoro” al naturale, cioè lasciargli segnare la vera ora locale, mantiene intatto quel fascino antico proprio di queste opere, più vicino alla tradizione storica; poi, per un uso anche pratico, oltre che puramente decorativo, gli si può affiancare l’equazione del tempo, e dare così la possibilità all’osservatore di conoscere, oltre all’ora vera locale, anche l’esatta ora media del fuso nazionale. E questo è quanto abbiamo fatto.
Ad alimentare il tutto, naturalmente, lo gnomone, che grazie all’ombra prodotta dal Sole costituisce la “lancetta” del nostro orologio.
Qui abbiamo dovuto usare un accorgimento tecnico che non avevamo ancora usato altrove.
Come spiegato all’inizio, la collocazione del quadrante (la sua altezza e quindi la distanza dall’osservatore) ci ha portati a dimensionarlo in conseguenza: affinché fosse facilmente leggibile (specialmente le scrite nell’equazione del tempo), abbiamo proporzionato il tutto arrivando ad un ingombro di oltre 4 metri. Questo fattore, insieme alla declinazione del piano, ci hanno portato ad avere uno gnomone (polare) lungo quasi un metro e mezzo.
Avevamo scelto di usare un’asta di ottone pieno da 25 mm, che fosse cioè proporzionata nel diametro alla lunghezza: 20 mm infatti sarebbero stati troppo pochi (l’asta, e quindi la sua ombra, sarebbe stata troppo sottile e quindi poco leggibile), oltre i 25 sarebbero stati troppi.
Inoltre avevamo previsto all’estremità dello gnomone una sfera, un pomo del diametro di 8 cm che avevamo scelto di applicare per migliorare la leggibilità dell’ombra, specie della sua estremità (non dimentichiamo infatti la funzione calendariale dell’orologio).
Tutto questo ci portava ad un peso di quasi 8 kg.
Così, visto il peso intrinseco dello gnomone (non dimentichiamo che parliamo della parte “emersa”, cioè di quello che sarebbe stato visibile all’esterno del muro), e vista la sua posizione “ruotata” (in gergo gnomonico è l’angolo sustilare, sigma), oltre che inclinata (l’elevazione epsilon) non ci è sembrato sufficiente reggere lo gnomone con se stesso, cioè murandone l’eventuale prolungamento (magari un mezzo metro).
Abbiamo scelto invece di applicare allo gnomone, saldandoli all’asta trasversalmente, due tondini da 18 mm, da murare infiggendoli perpendicolarmente nella parete (per 35 cm). Dei due tondini uno sarebbe stat o applicato alla base dello gnomone (nel punto eclittico), e sarebbe penetrato completamente nel muro, scomparendo alla vista, mentre l’altro, ovviamente più lungo, sarebbe stato saldato circa a metà della lunghezza dello gnomone, e ne sarebbe rimasta visibile una metà, svelandone così la funzione di puntone.
E così abbiamo deciso (fig. 5).
A completamento delle informazioni che accompagnano lo schema orario, abbiamo infine inserito due elementi opzionali, ma che abbiamo ritenuto importanti: il motto, quasi sempre presente in questi manufatti, ed i dati tecnici dell’orologio.
La scelta del motto non è stata casuale, ovviamente: abbiamo pensato ad un motto classico, in latino, sintetico e facilmente comprensibile, come “IN LUCEM OMNIA”, e l’abbiamo inserito in alto al centro, sotto allo gnomone.
I dati tecnici, infine, li abbiamo voluti aggiungere sia per riempire un angolo del quadrante che ci si era venuto a creare, quello superiore sinistro (a causa della forte declinazione occidentale della parete), sia per fornire qualche informazione in più. Comunque non abbiamo voluto sbilanciare l’impostazione equilibrata che avevamo dato all’orologio, dando troppa importanza a quelle scritte, e così oltre che nelle dimensioni le abbiamo moderate anche nel colore, una tenue tinta sabbia.
Così, con queste impostazioni abbiamo calcolato l’orologio (col nostro programma Phoebus) e ne abbiamo completato il disegno prima con un programma di CAD quindi con uno pittorico, e finalmente ci siamo presentati con il bozzetto dell’orologio sia al parroco che al direttore dei lavori di restauro, per sottoporre al loro giudizio il nostro progetto.
Entrambi hanno apprezzato la nostra proposta, senza alcuna osservazione, consentendoci così di passare senz’altro alla fase realizzativa.
Come detto all’inizio, potevamo sfruttare il cantiere di restauro ed i ponteggi presenti, accelerando e semplificando notevolmente il nostro lavoro.
Siamo intervenuti appena terminata la fase di sabbiatura e stuccatura della parete sud-ovest della chiesa, in perfetto coordinamento con l’impresa restauratrice.
Il nostro lavoro è durato una settimana, dall’applicazione dell’intonaco, al fissaggio dello gnomone, agli ultimi ritocchi alla pittura.
Al termine del nostro intervento abbiamo ricevuto gli apprezzamenti sia del parroco, sia del responsabile dei restauri, sia di svariati abitanti di Monteprandone, che hanno accolto con piacere la loro nuova meridiana.
Un paio di annotazioni, infine, ci sembrano giuste.
SCHEDA TECNICA | ||
Luogo | Latitudine: 42°55'12.5" N Longitudine: 13°50'04.8" E |
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Quadro | Inclinazione: 0° (verticale) Declinazione: 54.3° O (sud-occidentale) Misure pannello: 430 cm × 409 cm |
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Gnomone | Tipologia: stilo polare Lunghezza stilo: 1439 mm (Ø 25 mm) Diametro sfera: 80 mm |
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Funzioni |
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Anno | 2000 |
Se facciamo menzione qui di quest’inesattezza è solo per puro amore di precisione.
Per uno scrupolo simile spieghiamo che anche gli angoli dell’inclinazione e della declinazione sono scritti in maniera scorretta (per un difetto di forma, dunque, non di contenuto): entrambi infatti (come si può vedere ingrandendo la fig. 5) sono scritti col simbolo dell’unità di misura (il grado) posto subito dopo la parte intera dell’angolo e dunque prima del separatore decimale (il punto), anziché secondo la grafia corretta che prevede il simbolo dell’unità di misura (il grado, appunto) scritto alla fine del numero, dopo i decimali.
Pertanto i due angoli, anziché “Incl. = 0°.0” e “Decl. = 54°.3 O”, si sarebbero dovuti scrivere come “Incl. = 0.0°” e “Decl. = 54.3° O”.
Anche questo per la precisione.
I·N L·U·C·E·M O·M·N·I·A