Da sempre l’uomo ha sentito il bisogno di misurare il tempo e di controllarne il trascorrere incessante. Sin dalle epoche primitive è stato per lui vitale il poter seguire l’andamento dei cicli giornalieri e stagionali, per regolare le proprie attività.
È naturale che il primo strumento di controllo del fluire del tempo sia stato il Sole, col suo sorgere e tramontare: la sua posizione in cielo, lungo l’arco diurno, indicava con sicurezza ogni momento della giornata, quanta ne era già trascorsa e quanta ne rimaneva ancora, prima che calasse la notte.
È altrettanto naturale che l’uomo abbia sùbito collegato il brillare del Sole con la sua conseguenza più diretta: l’ombra. L’ombra che l’uomo stesso, come ciascun oggetto, albero, edificio, o altro che si elevi dal terreno proietta sulle superfici vicine (fig. 1); l’ombra che generata dalla luce del Sole segue questo dall’alba al tramonto, lunga sul terreno al mattino, via via più corta fino al mezzodì, e di nuovo più lunga fino allo spegnersi del Sole dietro l’orizzonte.
Da questa apparentemente banale osservazione, ecco sùbito la deduzione: adoperare proprio l’ombra per controllare il percorso del Sole in cielo, e misurare con maggior precisione la sua posizione, e quindi l’istante della giornata. A questo scopo è già sufficiente un’asta infissa nel terreno o su una lastra di pietra, oppure una colonna o un obelisco in una piazza: si hanno in questo modo degli orologi solari di tipo orizzontale, essendo orizzontale la superficie sulla quale si proietta l’ombra (fig. 2).
Se l’asta, o una qualche lamina metallica, è infissa su una parete, l’orologio solare è di tipo verticale, ma il suo funzionamento è del tutto simile al precedente (fig. 3); e sono proprio gli orologi solari verticali ad avere avuto nel corso della storia maggior diffusione: comunemente, ma impropriamente, chiamati meridiane, essi appaiono sulle pareti di case, palazzi, chiese, castelli, nelle città e nelle campagne, moltiplicandosi in forme sempre più perfezionate, che attraverso i secoli sono giunte fino a noi quali testimonianze silenziose e decorative di un’arte e di una cultura che sembravano dimenticate.
Proprio negli ultimi tempi, infatti, la diffusa tendenza a tornare alle passate tradizioni, a una vita più legata ai ritmi della natura, ha fatto riscoprire l’interesse per gli orologi solari. Molti di quelli storici sono stati restaurati, e molti vengono realizzati ex novo, in forme classiche, o di nuova invenzione.
Ora, nell’era dell’elettronica, possiamo finalmente affidarci di nuovo, con maggior libertà, alle antiche linee d’ombra, e lasciarci affascinare dal muto linguaggio con cui questi strumenti misurano il naturale trascorrere del tempo.
Come si progettano
Come si è detto, l’invenzione degli orologi solari, per rudimentali che fossero, è nata con l’uomo stesso; si può immaginare che all’inizio, nella preistoria (ma perfino in epoche ben più recenti), la loro realizzazione fosse empirica ed immediata, saltando cioè del tutto la fase di progettazione. Bastava infatti seguire nell’arco della giornata il percorso dell’ombra sulla superficie assolata e tracciare i segni corrispondenti al suo percorso: tacche o linee. Quest’operazione, però, andava ripetuta giorno dopo giorno, o a distanza di più giorni, perché, come ci si accorse, il Sole, e quindi l’ombra, non percorre lo stesso arco per tutti i giorni dell’anno: come tutti sappiamo, infatti, il Sole al mezzodì di un giorno d’estate si trova molto più alto in cielo che al mezzodì di una giornata invernale. Quindi l’arco che l’ombra percorre sulla parete, per esempio oggi, non sarà lo stesso che ha percorso una settimana fa: per ogni giorno andrà tracciato un arco. È chiaro che volendo tracciare un orologio solare completo, seguendo questo metodo, occorre un anno intero di tempo (e di Sole…), e questo è un metodo assai poco pratico.
Quando però si cominciarono a sviluppare le prime civiltà, ecco che fece la sua comparsa una disciplina, l’astronomia, che raggiunse presto risultati di tutto rispetto (dei quali possiamo stupirci ancor’oggi pensando ai Maya, agli Egizi o a Stonehenge).
Proprio grazie al progredire degli studi astronomici, infatti, si è presto raggiunto un livello di conoscenza dei moti celesti, specie negli ultimi secoli, tale da permettere, tramite calcoli rigorosi, di prevedere per ogni istante e per ogni luogo la posizione in cielo di qualsiasi astro, primo fra tutti il Sole.
Grazie ai calcoli astronomici, quindi, oggi possiamo progettare un quadrante solare completo e preciso, sia verticale
sia orizzontale sia obliquo, da tracciare su qualunque parete di qualunque edificio, o su qualunque pavimento o piazza, o piano comunque orientato.
Sarà opportuno ricordare che ciascun quadrante solare va progettato per essere tracciato in un unico luogo; in pratica, un orologio solare progettato per la parete di una casa o la piazza di un paese non può essere riprodotto tale e quale sulla parete di un’altra casa o nella piazza di un altro paese. Questo perché nei calcoli necessari al tracciamento delle linee che compongono un orologio solare intervengono fattori unici ed irriproducibili altrove, come la
latitudine e la longitudine del luogo in cui realizzare il quadrante,
oppure come la declinazione del piano,
praticamente unica anch’essa. Questi ed altri parametri vanno misurati con la massima precisione possibile, e quest’operazione costituisce la prima e forse più importante fase del progetto: il rilievo.
Va anche ricordato, ma è quasi superfluo, che nel caso di orologi verticali la scelta della parete su cui realizzare il quadrante solare è pressoché obbligata: si tratterà di pareti
preferibilmente rivolte a sud, o anche a
sud-est o a sud-ovest, ma in questi ultimi casi si dovrà rinunciare a qualche ora di luce, rispettivamente al pomeriggio o al mattino, tanto maggiori quanto maggiore è lo scostamento della parete dalla direzione del sud. Nel caso, invece, di quadranti orizzontali, da realizzare in una piazza, in un giardino, su un terrazzo, l’orientamento non ha senso; piuttosto ci si preoccuperà di scegliere uno spazio non a ridosso di edifici o alberi che posti a sud dello spazio destinato al quadrante facciano a questo da schermo per la luce del Sole.
Presi quindi gli ovvi accorgimenti per ciò che riguarda le migliori condizioni ambientali, si provvederà ad effettuare il rilievo con la massima accuratezza, e ad elaborare i dati raccolti, magari al computer,
per poter poi tracciare su carta, in scala o a grandezza naturale, le linee
fondamentali che costituiranno il quadrante solare che si andrà a realizzare: questo, infatti, potrà essere decorato con cornici e motivi di qualunque forma e dimensione, secondo le scelte del committente o del progettista. Immancabile, poi, dovrebbe essere il motto (molto spesso in latino) che accompagna l’orologio, motto che serve a far riflettere, talvolta con ironia, sul significato del tempo o della vita, così come li intende l’autore o il proprietario dell’opera.
Come si realizzano
Prima di completare il modello si rende necessaria una scelta per la tecnica da adottare, a seconda che si vada a realizzare un orologio verticale o uno orizzontale.
Nel primo caso si potrà scegliere tra la pittura su intonaco, l’incisione su pietra, o piastrelle in maiolica, o un mosaico ecc.
Sono tecniche che consentono, ciascuna, varie libertà espressive, sfoghi decorativi, o presentano, al contrario, limiti tecnici, e così via.
Si tratterà di valutare, di volta in volta, la soluzione più adatta al contesto, o allo spirito che si vuole dare all’opera.
Nel caso di orologi solari orizzontali, senz’altro più impegnativi, si potrà trattare della pavimentazione di un ampio spazio con pietre o laterizi, sfruttandone le caratteristiche, soprattutto cromatiche, per riprodurre ad intarsio l’andamento delle linee fondamentali del quadrante.
Oppure, per gli orologi da giardino, si tratterà di lavorare elementi in pietra di dimensioni notevolmente più ridotte.
Una volta decisa la tecnica da adottare, si può procedere alla realizzazione dell’orologio solare.
In ogni caso grande importanza riveste il corretto posizionamento dello stilo, cioè dell’asta che genera l’ombra sul quadrante: è in gran parte da esso infatti che dipende il funzionamento dell’orologio solare, e possiamo, proprio per questo, considerarlo come la lancetta degli orologi meccanici.
Nei
quadranti verticali può essere costituito da una semplice asticella metallica
con l’estremità tronca, oppure appuntita, o che termini con una piccola sfera,
oppure con una piastrina sagomata a stella e forata al centro ecc.
Nei quadranti orizzontali si potrà usare anche un’asta, un palo, un obelisco, una colonna ecc., anche in funzione dello spazio disponibile e del contesto ambientale.
Come si leggono
Una volta realizzato l’orologio solare, esso è pronto a comunicare con noi: basta solo saperlo leggere (e può anche sorprenderci quante cose abbia da dirci), ma questa è un’operazione elementare, come si vedrà.
Le spiegazioni che seguono si riferiscono ad uno strumento di media complessità, come quello in fig. 4: un
orologio piano verticale e declinante ad ore moderne vere locali
correggibili in ore medie del fuso con l’equazione del tempo localizzata e ad
ore italiche residue e calendario stagionale e personale, con stilo polare,
motto e dati tecnici.
Innanzitutto lo definiamo
orologio perché è stato concepito per svolgere come funzione
principale quella propria di questo strumento;
è piano in quanto il
quadrante si sviluppa su una tale superficie, contrariamente ad altre
tipologie di strumenti con superfici curve (semplici come coni e cilindri, o
doppie come sfere ecc.);
il quadrante è verticale, e ciò si deduce dal fatto che la meridiana sia verticale anch’essa;
è declinante, cioè scostato rispetto al sud, come denota l’andamento delle linee (come per esempio l’equinoziale,
inclinata, anziché orizzontale);
segna le ore moderne (o francesi), cioè le comuni ore che usiamo normalmente, contate a
partire dalla mezzanotte;
le segna vere, cioè come genuinamente, sebbene incostantemente, scandite dal Sole;
le segna locali, non riferite al fuso nazionale;
può comunque fornire le ore medie, cioè quelle costanti ed uguali alle quali siamo abituati;
e può riferirle al fuso nazionale, esprimendo così l’ora civile d’uso comune;
le due conversioni (ore vere-medie ed ore locali-del fuso) sono fornite dall’equazione
del tempo in versione localizzata (che considera cioè anche la differenza di longitudine), che sotto forma di
grafico indica le correzioni (in minuti da sommare o sottrarre) da apportare all’ora solare, secondo il periodo dell’anno;
segna le ore italiche residue, cioè quelle mancanti al tramonto, dando così anche
un’utile indicazione su quante ore di luce rimangano prima del crepuscolo;
fa da calendario, segnando le date d’inizio (e fine) delle stagioni,
grazie alle due curve solstiziali ed alla linea equinoziale;
segna anche due date personali, per celebrare due ricorrenze familiari;
tutto questo grazie allo stilo polare, parallelo cioè all’asse terrestre, che con
l’ombra di tutta la sua estensione segna le ore moderne e che con quella del suo elemento terminale, la sferetta, segna quelle
italiche (residue) e le date calendariali;
il motto campeggia nel quadrante per trasmettere un pensiero sul senso del tempo e della vita e per
invitare così chi lo osserva a riflettere su quei significati;
i dati tecnici sintetizzano le caratteristiche salienti dello strumento, come le coordinate geografiche
o l’orientamento della superficie.
Un altro esempio di spiegazioni d’ausilio alla lettura di uno strumento solare può essere un opuscoletto che realizzammo per una coppia di committenti che ci chiesero di redigerlo per poter mostrare ed illustrare l’opera agli amici.